CAPITOLO QUINTO.
Era sereno il ciel, splendea la lunaRidente a mezzo della sua carriera;
Nessun fragor s'udia, voce nessuna:
Sol quella universal quiete interaD'improvviso venia rotta talvolta
Dal grido dell'allarme d'una scolta.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Dall'alto spaldo del veron qual eraGrande della persona ed aiutante
Al lunar raggio discopríala interaIl desioso sguardo dell'amante.
GROSSI, Ildegonda, P. 1.°
La pių alta e maestosa torre del Castello di Musso quella si era che sorgeva nel Forte di Gian Giacomo, posto, come dicemmo, nella parte pių eminente di esso; elevata dominatrice di tutte le merlate mura dell'acclive Fortezza, potevasi propriamente ad essa sola applicare il nome di vedetta del lago. Le mura de' suoi fianchi e le quadrate pietre che ne munivano gli angoli, allora recentemente eretti, non erano stati per anco imbruniti dalla mano del tempo, nč miravansi dal musco e dai serpeggiamenti dell'edera rivestiti; onde quella torre giganteggiava alla vista del lontano riguardante, ben distinta pel suo colore rosso cupo e staccata dal bigio sasso del monte che le stava di schiena; il vessillo Mediceo che le sventolava alla cima scorto dalle acque e dagli erti vertici dei monti pių discosti, appariva formidabile e minaccevole insegna. Cosė negli adusti piani del Nilo una tenda che s'innalza alla sommitā di colossale granito indica da lungi alle moresche carovane l'asilo dell'errante Beduino terrore del deserto.
Il baluardo del Forte Gian Giacomo stava congiunto ad essa torre per oltre un terzo di sua altezza; e quivi vedevasi nella torre praticata un'angusta porta, a forma d'un foro quadrato, da cui s'aveva accesso al bastione medesimo.
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