- - Nessuno. - - Mentisci; tu non mi conoscevi; palesa chi fu quello che t'ha dato tal ordine? - - Nessuno. - Morirai nei tormenti se non rispondi il vero: da chi fosti spedito? - - Da nessuno, ripeto".
Gian Giacomo accennò agli sgherri, e questi attaccarono tosto Spinaferro alla corda: pria che s'incominciasse la tortura, il Castellano gli ripetè più volte la richiesta, da chi avesse avuto il comando di togliergli la vita, ma non ne ottenne alcuna risposta, nè gli squassi e lo slocamento di tutte le ossa valsero a trargli alito mai dalla bocca che sordi lamenti. Fu calato dalla corda: e benchè avesse pel tormento perduto il vigore di reggersi, non gli fu dato che breve riposo, perchè Gian Giacomo volle in sua presenza assumere tosto ad esame anche il Cancelliere e Gabriele, onde tentare almeno di venire in chiaro del fatto.
Eccolo in breve come risultò dalle deposizioni di Maestro Tanaglia, che ebbe tanta parte a suo mal costo in quell'avvenimento, e che lo stesso Spinaferro confessò per vero. Entrati che si furono i tre congiurati nel Castello frammisti ai seguaci de' due ambasciatori di Gian Giacomo, penetrarono con essi inosservati nel Forte, e vi si tennero celati sino al principiare della sera. Quando si fu oscurato il giorno, si fecero da un soldato guidare alle camere di Messer Lucio, che il Bina conosceva di persona per essergli stato scolare, e sapeva trovarsi in quel Castello nella qualità di Cancelliere: là pervenuti gli si appalesarono per tre nobili Milanesi fuggiti dalla patria per la persecuzione degli Spagnuoli, ed astretti per trovare salvezza a rifuggirsi a Musso, e circondandolo caldamente lo scongiurarono a volerli quella notte stessa condurre alla presenza di Gian Giacomo, onde intercedere da lui di essere ammessi a militare sotto la sua bandiera in qualità di capitani di ventura.
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