Viveva certo il Castellano, che condotte le cose in tal maniera, la sorpresa, la lassezza del nemico, le naturali difficoltà dei luoghi avrebbero assicurato l'evento. Nella pugna navale s'aveva pure grande speranza di vittoria, perchè fatto calcolo di tutti i suoi mezzi, gli risultavano superiori a quelli dei nemici: Lecco e Monguzzo stavano nelle mani di Capitani avveduti ed impavidi; quindi non dubitava quasi che il complesso delle cose non fosse per essere a lui favorevole: per ciò quantunque la necessità di provvedere a mille bisogna, d'ordinare, far disporre, dirigere, esaminare le opere eseguite il tenesse in continua agitazione e fatica, pure la mente sua mostravasi nè abbattuta nè depressa nè agitata, che anzi ilare ed in lieto aspetto presentavasi a' suoi capitani e soldati, gli uni e gli altri intrattenendo, più che non fosse da pria assueto, con giocondi motti e famigliari richieste.
Quel giorno medesimo partì dal Castello, come venne ordinato, sulla nave di Pirro Rumo, il capitano Alvarez per alla volta di Lecco: al principiare della notte partirono pure i capitani Porino, Polto e Bologna, ed in ora più avanzata Mattia Rizzo co' suoi cacciatori ed i soldati. Verso il mezzodì del giorno seguente tutti i lavori d'attrezzo e di carico intorno alla flotta erano compiutamente finiti, ed ogni armamento messo in perfetto sesto, onde i capitani, i soldati ed i rematori non si diedero altro pensiero pel rimanente della giornata che di nutrirsi e starsi in riposo.
Gabriele, dopo avere passato il giorno intero insieme agli altri Capitani, sul far della sera ridottosi da solo con Falco, gli disse che pria di recarsi a giacere quell'ultima notte innanzi la battaglia, voleva andare a prendere congedo da una persona che stava nel Forte, per cui s'aveva molto affetto e stima, e questa si era il suo maestro, Messere Lucio Tanaglia, di cui aveva esso pure conoscenza.
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