Falco trovò vicini al Porto i suoi sei compagni e seco li condusse sulla Salvatrice, su cui montò pure una banda eletta di cinquanta uomini d'armi che Gabriele pose sotto il suo comando, pria di ascendere colla propria brigata la nave l'Indomabile che sorgeva accanto alla Salvatrice.
A capo dell'ultima schiera che uscì dal Castello apparve fra mezzo a numerose ardenti fiaccole Gian Giacomo, coperto d'intera armatura, coll'elmo lucentissimo sormontato da bianche penne. A fianco a lui stava il vicario del Castello, Teodoro Scleghel, abate di Dares, in auree vesti sacerdotali, preceduto da varii camilletti in bianche stole, l'uno de' quali recava un crocifisso d'argento, ed un altro la sacra martinella da sospendersi all'albero del brigantino: davanti ad essi procedeva un gonfaloniero armato che portava il gran vessillo mediceo coll'asta dorata. Il brigantino era stato, per quanto il concedeva il basso fondo delle acque del porto, accostato al molo, ove la ciurma aveva gettato un ponte mobile onde renderne comodo l'accesso, togliendo la necessità di salirvi dai fianchi; entrarono da tal ponte nella nave il Castellano, il Vicario coi chierici, il Pellicione e gli altri capitani che seguivano Gian Giacomo, e finalmente il gonfaloniero con tutti i soldati. Quando il supremo comandante trovossi a bordo del brigantino, i rematori levarono il ponte che l'univa al molo, e cautamente sospingendolo, lo mossero e uscirono dal porto.
Il Borserio, che, montato sul Busto di ferro, aveva il comando dell'antiguardo della flotta, veduto il brigantino movere al largo sventolando il vessillo alla sommità dell'albero, diè il segnale della partenza, e tutti i legni sì grandi che piccioli che componevano la flotta di Musso, spiegate le vele e dati i remi alle acque, salparono di conserva con infinito mormorío delle onde percosse e rotte da tante prore.
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