- - Addio, Falco... addio voi donne; d'ora innanzi noi ben ci potremo più frequentemente vedere". Così dicendo s'accostò al conte Borromeo e lo scortò nell'entrata dell'edificio ove si coniavano le sue monete.
Falco rimase immobile e pensoso alcun momento presso la porta di quel fabbricato, poscia dirigendo la parola a Gabriele che gli si era accostato premuroso d'udire le sue risoluzioni: "Ho deciso, esclamò: accetto il dono che m'ha voluto fare il signor Castellano: lascierò la mia capanna della rupe e verrò a stabilirmi in Musso. Nessuno osi dire però che io mi sono condotto a questo passo per desiderio di dimorare in una grossa Terra all'ombra d'un potente castello: no, per l'anima mia: se Falco si stacca dal suo vecchio nido, se si decide a non rivedere più mai i sassi e gli alberi della sua montagna, è solo per amor tuo, o Rina (e mirò la figlia con uno sguardo da cui trapelava il vivo paterno affetto frammisto al dolore del sacrificio a cui, in suo pensiero, quell'affetto il forzava); per te soltanto io darò un eterno addio alla mia rupe; rinunzierò interamente alla libera disposizione di me stesso per procurarmi la certezza che il piede d'un ribaldo nemico non possa calcare inosservato il sentiero che guida al casolare dove tu dimori e vendicarsi di me nel tuo sangue".
Invaso Gabriele a tali espressioni da inesprimibile contento: "Così operando, disse, tu confermi e dài finalmente esecuzione a quanto ti eri proposto allorchè mi conducesti libero a Musso: allora dicesti che volevi, prima di chiedere altri favori a Gian Giacomo, aver combattuto e vinto i Ducali; la sorte ci ha assecondati, e come tu bramasti, il dono di mio fratello non è che un premio meritato dal tuo valore.
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