III.° Che il Duca si sarebbe obbligato a somministrargli negli anni avvenire senza pagamento di gabelle quella quantità di grano e sale che potesse abbisognare per i suoi paesi. IV.° Che il Duca parimenti darebbe fede(17) di riputare e trattare in ogni circostanza i soldati ed ufficiali del Castellano come suoi proprii. V.° Che il Castellano all'incontro lasciasse Monguzzo con tutto il territorio che possedeva al di là di Lecco, e pagasse al Duca quaranta mille scudi in una o più rate, e nei modi e termini che si sarebbero convenuti". Aggiunse il Messaglia che qualora esso Gian Giacomo fosse disposto ad accettare tali proposizioni, s'assumeva egli medesimo l'incarico di farsi autorizzare dal Duca a proporgliele nella forma più autentica onde venire alla stipulazione solenne d'un trattato di pace. Il Castellano udito il tutto attentamente, a lui rispose che si riservava manifestargli le proprie risoluzioni in altra vicina giornata; e licenziatolo, chiamò intorno a sè il Pellicione cogli altri suoi più fidi, ed espose loro quanto eragli stato proposto da quel segreto Ambasciatore del Duca, che per tale egli bene l'aveva riconosciuto. Ai primi quattro capitoli, come il Medici medesimo, anche i suoi consiglieri opinarono potersi liberamente aderire, perchè il riconoscere nel Duca il supremo dominio, mentre non inceppava affatto la sovranità di Gian Giacomo, dava anzi un carattere di legittimità a quel suo dominio, ch'era ciò appunto che egli maggiormente desiderava: l'ultimo articolo però fu rigettato ad una voce, e Gian Giacomo che pendeva dubbio se dovesse sottoporvisi o rifiutarlo, volle, pria di decidersi, che si sviluppassero estesamente i motivi del negato assentimento: dopo varii ragionamenti fatti sotto diversi aspetti da que' suoi cortigiani contro la pretesa dei quarantamila scudi, che a que' tempi era ingente somma, il Pellicione, balzato in piedi, esclamò:
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