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      Pellicione vestiva un giustacuore di panno bruno, con maniche larghe listate, serrate al pugno; aveva in testa un cappello alto acuminato, con larghe falde che gli ombreggiavano il volto sostenuto dalla sinistra mano, mentre teneva la destra arrampinata negli intrecciamenti della complicata impugnatura di sua spada che sopravanzava alla tavola.
      Sulla faccia del Castellano, di quell'ardito avventuriero la cui sovrana fortuna era prossima al tramonto, si vedevano dipingersi alternativamente ora una dignitosa calma con cui sembrava assopisse tutta la tempesta della mente, ora un lieve sogghigno minaccioso, disfidatore, che tramutavasi in una maestosa guerresca alterezza con cui pareva dire: "Io mi son io ancora: nessuno m'ha interamente vinto o domato". Pellicione alzò gli occhi su di lui nel momento che il suo viso aveva tale impronta, e come se gli avesse letti appunto in cuore quelle parole, gli disse:
      Non è poi la prima volta che noi ci vediamo chiusi dai nostri nemici in questo Castello. Sono trascorsi pochi anni da che i Grigioni venuti a Bongo credevano averci ridotti, come l'orso, all'orlo del precipizio, che è costretto a lasciarsi prendere od a balzarvi da se; pure non solo se ne siamo liberati, ma li ricacciammo lontani, e divorammo assai del loro: e in quel tempo questo Castello non contava la metà dei baluardi da cui è riparato attualmente; nè v'era traccia di questo Forte e del taglio: ora, oltre le difese murali ne possiamo sperare una più efficace nei soccorsi del Conte d'Altemps che non può tardare gran fatto a qui giungere co' suoi Tedeschi


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Falco della rupe o la guerra di musso
di Giambattista Bazzoni
Ant. Fort. Stella e figli
1829 pagine 359

   





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