Si scosse, s'avanzò, impugnò la penna e scrisse il nome; un susurro di letizia universale applaudì a quell'atto che molti sospiravano.
Subito dopo fu, senza contrasti, determinato che Gian Giacomo quel giorno stesso farebbe stendere un quadro numerizzato di tutte le armi e le salmerie che si trovavano nel Castello che dovevano passare, com'era convenuto, in proprietà del Duca, e farebbe trasportare tutti quegli oggetti nei cameroni inferiori delle case del Maresciallo, per essere, dopo la consegna, immediatamente caricati sulle navi e portati lontani dal Castello che doveva essere dato in mano ai Grigioni: che il mattino seguente egli farebbe uscire dalla Fortezza i suoi soldati e v'entrerebbero i Ducali e gli Svizzeri a prenderne possesso, eccettuatone però il Forte, in cui Gian Giacomo rimarrebbe sino al terzo giorno, allo spuntare del quale verrebbe su una nave ducale condotto a Lecco con quelle persone e con quegli effetti che stimerebbe meglio, e di là gli sarebbe poscia stato libero recarsi ove più gli piacesse.
Gian Giacomo aveva fatto disporre un sontuoso pranzo, al quale sedettero oltre gli Ambasciatori Ducali anche il Generale Lodovico Vestarino, cui egli mandò cortese invito al campo di Musso. Quei due famosi guerrieri che pochi giorni addietro avevano guidati i loro eserciti ad azzuffarsi con tanto accanimento, quando si videro nelle sale del pacifico desco s'onorarono a vicenda con molte parole, ma non saprebbe dirsi se le espressioni di lode e di stima che suonarono in quell'incontro sulle loro labbra non velassero un astio ed un'invidia profonda, perchè è noto che anche gli uomini dotati di sommo ingegno e valore, allorchè vengono delusi nelle loro ardenti brame, non sanno sottrarsi all'impero delle più basse passioni.
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