Il giorno seguente, ch'era il primo d'aprile 1532, le truppe del Castellano incominciarono di buon mattino ad uscire dalla Fortezza, e mano mano che giungevano od a Musso od a Dongo, venivano sbandate, recandosi quegli uomini che erano abitatori delle Terre del lago nelle proprie case, e gli altri parte facendosi in drappelli per recarsi come soldati venturieri allo stipendio dei principi d'Italia o d'oltremonte, parte unendosi all'armata Ducale, e parte finalmente scostandosi di lą col reo pensiero d'infestare i luoghi difficili delle pubbliche strade.
Usciti questi, e ritiratosi Gian Giacomo con pochi de' suoi pił fidi e colle donne nel Forte pił eminente del Castello, entrarono in esso i Ducali ed i Grigioni. I primi si diedero tostamente a trasportare sulle navi tutti gli attrezzi di guerra e le munizioni cedute dal Castellano per spedirli a Como. I secondi, quasi forsennati pel contento di quella conquista, fattisi cedere dai Ducali grossa parte della polvere del Castellano medesimo, si misero con gran possa a scavare ampie e profonde mine agli angoli delle rocche, sotto le torri ed i baluardi, caricandole e mettendovi le micce per non perdere punto di tempo a dar opera alla demolizione di quelle per loro sģ tremende mura, da cui erano usciti uomini che avevano portato tante volte il terrore sino nel centro delle loro pił inospite valli.
I soldati del Duca, che volevano essi pure dare qualche sfogo alla loro vendetta delusa dal trattato di pace, non essendo spinti da alcun impulso a cooperare alla distruzione di quel Castello, fecero il progetto, ancor pił barbaro, di trucidare in esso i Mussiani fatti prigionieri nella battaglia di Mandello e che avevano posti sulle navi, tenendovili gelosamente celati, per tema che il Medici ne chiedesse la liberazione.
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