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      Qual può essere il diritto, che si attribuiscono gli uomini di trucidare i loro simili? Non certamente quello da cui risulta la sovranità, e le Leggi. Esse non sono, che una somma di minime porzioni della privata libertà di ciascuno: Esse rappresentano la volontà generale, che è l'aggregato delle particolari. Chi è mai colui, che abbia voluto lasciare ad altri uomini l'arbitrio di ucciderlo? Come mai nel minimo sacrificio della libertà di ciascuno vi può essere quello del massimo tra tutti i beni, la vita? E se ciò fu fatto, come si accorda un tal principio coll'altro, che l'uomo non è padrone di uccidersi, e doveva esserlo, se ha potuto dare altrui questo diritto o alla società intera?
      Non è dunque la pena di Morte un Diritto, mentre ho dimostrato, che tale essere non può; ma è una guerra della Nazione con un [pag. 62] Cittadino, perchè giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere: Ma se dimostrerò non essere la Morte nè utile, nè necessaria, avrò vinto la causa dell'umanità.
      La Morte di un Cittadino non può credersi necessaria, che per due motivi. Il primo quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni, e tal potenza, che interessi la sicurezza della Nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La Morte di qualche Cittadino divien dunque necessaria quando la Nazione ricupera, o perde la sua libertà, o nel tempo dell'Anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di Leggi; ma durante il tranquillo regno delle Leggi, in una forma di Governo, per la quale i voti della Nazione siano riuniti, ben munita, al di fuori, e al di dentro dalla forza, e dalla opinione, forse più efficace della forza medesima, dove il comando non è, che presso il vero Sovrano, dove le ricchezze comprano piaceri, e non autorità, io non veggo necessità alcuna di distruggere un Cittadino, se non quando la di lui Morte fosse il vero ed unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti, secondo motivo, per cui può credersi giusta, e necessaria la pena di morte.


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Dei delitti e delle pene
di Cesare Beccaria
1764 pagine 84

   





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