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      Non è utile la pena di Morte per l'esempio di atrocità, che dà agli uomini. Se le passioni, o la necessità della guerra hanno insegnato a spargere il sangue umano, le Leggi moderatrici della condotta degli uomini non dovrebbono aumentare il fiero esempio tanto più funesto, quanto la Morte legale è data con istudio, e con formalità. Parmi un assurdo, che le Leggi, che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano, e puniscono l'omicidio, ne commettono uno esse medesime, e per allontanare i Cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio. Quali sono [pag. 67] le vere, e le più utili Leggi? Quei patti, e quelle condizioni, che tutti vorrebbero osservare e proporre, mentre tace la voce sempre ascoltata dell'interesse privato, o si combina con quello del pubblico. Quali sono i sentimenti di ciascuno sulla pena di Morte? Leggiamoli negli atti d'indegnazione, e di disprezzo, con cui ciascuno guarda il carnefice, che è pure un innocente esecutore della pubblica volontà, un buon Cittadino, che contribuisce al ben pubblico, stromento necessario alla pubblica sicurezza al di dentro, come i valorosi soldati al di fuori. Qual è dunque l'origine di questa contradizione? E perchè è indelebile negli uomini questo sentimento ad onta della ragione? Perchè gli uomini nel più secreto dei loro animi, parte, che più d'ogn'altra conserva ancor la forma originale della vecchia natura, hanno sempre creduto non essere la vita propria in potestà di alcuno, fuori che della necessità, che col suo scettro di ferro regge l'universo.


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Dei delitti e delle pene
di Cesare Beccaria
1764 pagine 84

   





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