Cinquecento individui detenuti per furti od assassini eransi trovati inopinatamente armati, le tasche ripiene di munizioni: rinserrati nelle loro prigioni i guardiani, costruite delle barricate, minacciavano voler tirare su chiunque s'avanzasse, o impedire volesse la loro evasione. La guardia nazionale li ridusse ben presto all'ordine, rinserrò quei miserabili, e consegnò ai giudici quei guardiani come colpevoli di aver provvisto d'arme i detenuti, e favorito il loro tentativo di fuga. Un tal sospetto era ancor più fondato perchè il personale era ancora lo stesso, che sotto il dominio antecedente, e molte monete austriache furono ritrovate indosso a quelle guardie: ad onta di tanti gravi indizi non si diede nessun peso alla cosa.
Le finanze non ebbero migliori impiegati, che avesse la polizia. Doveva essere prima cura del governo di provvedere danaro, soldati ed armi. Partiti gli austriaci fu trovato il tesoro tampoco esausto, che nove giorni dopo alla scadenza degli interessi del debito pubblico il nuovo fisco dovette fallire. La cosa passò inosservata: i milanesi, creditori, aspettavano con pazienza che il denaro rientrasse nelle casse del tesoro. Per poter supplire alle spese necessarie il governo aprì un prestito volontario, ed una sottoscrizione per le offerte dei cittadini. L'imprestito non doveva sul principio portar alcun frutto, ma, come la cifra mai non ammontava, si promise prima il 4½, poi il 5 per cento. Queste tergiversazioni influenzarono tristamente il pubblico.
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