Erano segno evidente, che il prestito, frutto del sacrificio d'ogni buon patriota, non aveva effetto e ciò era vero: ma era poi falso che solo l'avarizia dei proprietari e dei capitalisti lombardi ne fosse cagione. Il prestito portava nel suo stesso concetto il germe di una subita morte. Più volte tentai convincerne quel Governo: non vi riuscii: e ben altre volte i miei consigli furono disprezzati. Il fisco non riceveva per l'imprestito, che danaro sonante, o valore effettivo, come gioielli, argenterie, ecc., a titolo d'offerta. Qual privato, per quanto ricco, tiene in cassa una somma abbastanza considerabile da poter soccorrere un governo agli estremi? I commercianti impauriti dalla rivoluzione, temendo la guerra, ed i possibili rovesci, sospesero le loro operazioni commerciali: i capitali scomparvero dalla piazza di Milano in modo che i proprietari del più fertile terreno si videro nell'impossibilita di venire in aiuto dello Stato. La difficoltà era ancor maggiore per essersi aperto l'imprestito sul principiar della state, e l'affittaiuolo lombardo paga le sue rate nell'agosto, nel novembre ed in dicembre. Nei mesi di giugno e luglio quasi tutti sono provvisti. Si poteva ben offrire due mila, cinque mila, dieci mila franchi, ma la pochezza della somma faceva vergogna: dare di più era impossibile.
Colla sottoscrizione volontaria si raccolsero le piccole somme, che pure ammontarono a quattro milioni di lire. Questo era molto, come frutto dei sacrifici del povero, dalle cui tasche sortivano: ma poco e quasi nulla pei sommi bisogni dello Stato.
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