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      Eppure ad onta dell'avuto soccorso e delle vive e replicate istanze del Rosalez passarono ancor molti giorni oziosi: Durando pareva non sapesse più dar motivo di tale sua inazione: sembrava suo scopo guadagnar tempo.
      E qui come dovunque, come sempre, i soldati trascinarono a forza il generale. Fu l'armata romana, che costrinse Durando a varcare il Po - a marciare su l'oste. Non l'avea appena varcato, che in una sua allocuzione Pio IX protestava: alto proclamando, missione della sua armata esser la sola tutela della integrità del territorio romano, e al suo generale ingiungeva di non mai prendere le offensive contro l'Austriaco, a difendere i suoi Stati si limitasse. Questa allocuzione, che si diceva accompagnata di segreto ordine al generale di ritirarsi in Ferrara, eccitò in Roma e nelle provincie una minacciosa irritazione. D'una parte si temette imminente una rivoluzione: dall'altra Carlo Alberto al generale Durando mandava: «arrivato sul teatro della guerra, di cui egli ne era sommo duce, esser a lui subordinato, come tutti gli altri generali lo erano: ordini ed ingiunzioni dover ricevere da lui soltanto: di niun altro si curasse: ad incontrar il nemico tosto marciasse». L'armata romana Carlo Alberto appoggiò: volle il popolo in Roma, che si ritrattasse il Pontefice, e Durando marciò; ne lo autorizzava pochi giorni dopo Pio IX.
      Lo stato delle provincie Venete era dei più tristi. Da Udine per Belluno e Treviso scendeva Nugent con 15 mila uomini per unirsi a Radetzky sempre rinchiuso in Verona.


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L'Italia e la rivoluzione italiana
di Cristina di Belgioioso
Remo Sandron
1904 pagine 169

   





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