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      I piemontesi dovranno inseguire l'inimico, non si dia quartiere all'austriaco croato. Comincia la marcia: il nemico non si vede, non si scoraggiano i nostri, s'avanzano soli, senza generali, nè guide, s'isolano, si dividono: in poco tempo cadono vittime di un imprudente coraggio: quando meno se lo aspettano si mostrano gli austriaci: il lor numero è due volte maggiore: i piemontesi erano caduti nell'agguato. Sino a notte avanzata durò la lotta: si battevano i piemontesi per aprirsi una strada: combattevano gli austriaci per sterminarli tutti, o farli tutti prigioni: si battevano i piemontesi non solo, ma seco pur anco condussero 2 mila prigionieri e 20 pezzi d'artiglieria, che avevano preso il giorno avanti all'inimico. Nel frattempo un distaccamento prendeva Somma Campagna, posizione, che ambidue gli eserciti per importante tenevano: presa, e poi perduta, una tal posizione era ancor in mano dei nostri. Questo fu l'esito di quella pugna, che precedette la fuga dell'esercito piemontese. Nulla sembrava, giustificar potesse una ritirata, quando le truppe coperte di gloria per un ineguale combattimento ebbero ordine d'immediatamente piegare su Goito a raggiungervi il grosso dell'esercito. Da Goito a Milano l'esercito non aveva riposato che un giorno solo a Lodi, mentre lord Abercombry trattava col generale austriaco.
     
      IV
     
      Il 3 agosto il re era alle porte di Milano colla sua armata: la nuova della loro venuta rapidamente si sparse per la città e gioia e fiducia parvero rinascere. Tutti dicevano: «Dunque il re vuol proprio difenderci; egli non ci abbandona.


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L'Italia e la rivoluzione italiana
di Cristina di Belgioioso
Remo Sandron
1904 pagine 169

   





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