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      Era appena suonata la mezza notte: propizia l'ora: qualche colpo di fuoco partģ diretto contro quel re, che su di un cavallo, non suo, fuggiva la cittą, nella quale trionfante e vincitore aveva promesso d'entrare.
      Solo alla mattina del giorno dopo si seppe della sua fuga e il popolo ne rimase interdetto. Alla notizia della rotta capitolazione l'entusiasmo s'era destato sino alla frenesia: la fuga del re, calma, costernazione, avvilimento induceva nel popolo: tetro silenzio alle grida di rabbia seguiva. S'era alla disperazione: il re non partiva solo. Un regio commissario ed il comitato di difesa avevano nelle funzioni rimpiazzato il governo provvisorio: il commissario fuggiva col suo re: i membri del comitato di difesa alla mattina del sabato si presentavano al re, contro la capitolazione protestando: dopo di che, quasi bastasse, scomparvero nell'ombre(22). Da tutti eravamo abbandonati: soldati piemontesi, e lombardi da quelle file uniti - reggimenti lombardi da officiali piemontesi capitanati - generali agli ordini di Carlo Alberto obbedienti, tutti eran partiti alla stess'ora: l'artiglieria piemontese, e nostra: munizioni e carriaggi: sino i 4 milioni, patriotica offerta delle chiese e dei privati, tutto s'era involato(23). Andava il popolo di porta in porta in traccia dei capi: di palazzo in palazzo per cercarvi munizioni correva: non voleva ancor credere a tutta la sua sventura. Arrivava intanto un parlamentario austriaco ad annunziare che il general d'Aspre sarebbe entrato colle sue truppe al mezzo giorno, che tutti gli uomini dai 18 ai 40 anni arruolati in reggimenti croati verriano spediti al di lą delle Alpi: che chi l'esilio preferiva, abbandonar dovesse la cittą lasciando libero il farlo sino alle ore 8 della sera.


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L'Italia e la rivoluzione italiana
di Cristina di Belgioioso
Remo Sandron
1904 pagine 169

   





Carlo Alberto Aspre Alpi