Ma quando si riconobbe che la capitolazione doveva essere inevitabilmente eseguita, subentrò la anarchia, la dissoluzione.
Tutti smarriti, tutti vaganti per la città, senza sapere dove si dirigessero: tutti attoniti al miserando spettacolo di un esercito valorosissimo che si ritirava, quasi senza colpo ferire, davanti a un nemico tante volte da lui messo in fuga, e allo spettacolo ancor più lagrimevole di una eroica città alla quale era imposta una umiliante capitolazione, mentre era disperatamente deliberata a rinnovare le glorie del marzo. Quando i cittadini videro impossibile la resistenza emigrarono in massa. Più di cento venti mila persone, i tre quarti della popolazione, si sparsero esuli fuori dal territorio lombardo!! Mai non fu visto uno spettacolo così eminentemente nazionale! La storia terrà conto a Milano di così sublime protesta contro il tradimento di Carlo Alberto e contro il giogo straniero! Un centinaio di cittadini smarrirono la ragione in quei momenti nefasti!
Chi crederà, dopo i fatti che colla più scrupolosa esattezza abbiamo narrato, che il Re abbia avuto la audacia di dire e di ripetere, dal suo Quartiere Generale di Vigevano, nei proclami dei giorni 7 e 10 del corrente mese, che Milano mancava di denaro e di sufficienti munizioni di guerra e di bocca per difendersi? Chi crederà che Carlo Alberto, perfino in contraddizione al suo Proclama del giorno sette(39), diretto ai suoi amatissimi popoli nel quale espone che esso, e non i milanesi, ottenne mediante una convenzione di salvare Milano e l'armata, chi crederà, diciamo, che Carl'Alberto nel posteriore Proclama del giorno 10(40) abbia spinta la menzogna fino ad asserire che la capitolazione fu da lui soltanto iniziata e che fu dai Milanesi medesimi proseguita e sottoscritta?
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