Si è detto e ripetuto che varii corpi non ebbero viveri quali per quarant'otto ore, quali per trentasei, e che i soldati, sfiniti per gli stenti e le fatiche, morivano per le vie d'inedia. Il fatto è pur troppo vero, ma era giusto di renderne responsabile il Governo Lombardo o la Lombardia? Noi abbiamo già veduto che causa ne fu l'imprevidenza dello stato maggiore e dell'intendenza d'approvvigionamento, che non seppero nè scegliere a proposito le località per i magazzini dei viveri, ne farne seguire opportunamente e con effetto le distribuzioni ai singoli corpi. La Lombardia, perchè esatto fosse il servizio dei viveri, fece ancor più che non doveva, in relazione alla convenzione stipulata col Piemonte; fornì, cioè, a proprie spese i mezzi pei trasporti dai magazzini alle truppe: che se l'intendenza non seppe adoperarli, è forse alla Lombardia che se ne deve la colpa?
Del resto anche nei giorni funesti del luglio non si sarebbe sentita gran fatto la mancanza dei viveri, se fosse almeno stato possibile ai soldati di riposarsi quanto bastava per provvederli e per consumarli: ma non appena codesti infelici, già stanchissimi e sfiniti, s'apparecchiavano a prendere qualche cibo, suonava il tamburo dell'allarme, ed era ordinata la marcia. Non era dato al soldato nemmeno il tempo necessario di prendere uno scarso alimento, ed i cibi, solo a mezzo apprestati, per la precipitazione della ritirata erano abbandonati al nemico.
Il cuore sanguina nel narrare tali tristissime sorti toccate ad un valorosissimo esercito che, sotto abili duci, era destinato a rivendicare l'onore dell'armi italiane.
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