Ho detto già come i giovani membri di questa aristocrazia, che aveano ambìto le cariche di corte, credessero lesi i loro diritti dalla preferenza che il governo dava continuamente agli ufficiali dell'esercito e dello Stato sopra i ciambellani e gli scudieri. Un altro motivo, non meno puerile, ma più ancora assurdo di quello accennato, concorrea per avventura nel far ligi al partito sedicente liberale alcuni membri della nobiltà milanese. Strappar la corona dalle mani del principe Eugenio, non lasciarla afferrare da Murat, tale si era l'intento degli sforzi di questo partito. Ora da ciò dovea di necessità derivare che il trono italico rimanesse vacante. Sopra di chi andrebbe adunque a cadere la scelta delle potenze alleate? Dubbioso partito era quello di conferire il titolo di re d'Italia ad un membro d'una delle case regnanti, perchè così eccitavasi la gelosia di tutte le altre. Un principe nativo era per avventura più adattato, perciocchè non dava luogo, per la sua propria irrilevanza, alle rivalità e alle gelosie dei potentati. Posta una tale massima, vedeasi chiaro che ciascuno dei membri dell'aristocrazia milanese poteva aspirare a sottentrare in luogo del vicerè. Colui che avrebbe saputo ingraziarsi colle potenze alleate, mostrarsi più autorevole presso la popolazione milanese, contribuire più potentemente a far cadere il governo franco-italico; e che pel lustro del nome, l'altezza della propria condizione, la riputazione di accortezza, la pieghevolezza disinvolta del carattere, sarebbe apparso tale da giustificar la scelta dei sovrani alleati; costui diventerebbe lo stipite fortunato di una schiatta di re.
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Stato Eugenio Murat Italia
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