I particolari di quell'abboccamento non mi sono punto noti; io non so altro se non che vi fu di mezzo un vessillo coi colori italiani dato e ricevuto; ma ignoro poi se sia il Trecchi che l'abbia arrecato al Bentinck per fargliene omaggio, o se il Bentinck abbiane fatto dono egli al Trecchi per inanimirlo. Questo partito, che non fece parlare di sč gran fatto, non ebbe influenza nelle cose che trattavansi allora in Milano(1).
La cura di delineare e dipingere le disposizioni degli animi in questi tempi, mi ha costretto a trasandare in quest'ultime pagine la cronologica serie dei fatti. La ripiglio adesso per non pių scostarmene.
Ho detto che il vicerč era al suo quartier generale di Verona, e le truppe della Lega accampate sulla opposta riva dell'Adige. Egli vi ricevette, entrante il novembre dell'anno 1813, una lettera dell'imperatore, il quale, vedendosi rispinto ogni dė e fino nei suoi propri Stati dalle forze soverchianti degli Alleati, ingiugneva al vicerč di abbandonare l'Italia e di ridursi in Francia con tutte le sue truppe italiane e francesi, onde raccozzare cosė lo sforzo intiero del suo partito. Fu il principe Eugenio immerso da questo comandamento nelle pių crudeli perplessitā. Contuttochč egli fosse sinceramente affezionato e devoto all'imperatore, suo padre adottivo e suo benefattore; contuttochč nodrisse una preferenza pur troppo viva per la sua patria, a detrimento dell'Italia, il vicerč era uomo tuttavia, e principe, e padre di famiglia: vo' dire che non avrebbe rinunziato senza rammarico ad un'alta condizione, ad uno splendido aringo, a una corona independente.
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