Le quali assicurazioni mutarono repentinamente in trasporti di gioia e di riconoscenza le mormorazioni che prima si erano udite. Gli è certo, di fatti, che i generali Fontanelli e Bertoletti, partitisi pria del 20 d'aprile da Mantova per a Parigi, e latori di istruzioni ufficiali per non chiedere altro che la conservazione e l'independenza del reame d'Italia, erano stati inoltre incaricati, non solo dal vicerè, ma e dall'esercito, di far instanza acciò al principe Eugenio venisse data la corona italica. Intanto l'avviso ufficiale del conchiuso armistizio, e l'ordine di convocare il senato per la nomina dei due oratori del governo da spedirsi a Parigi, erano già pervenuti al gran-cancelliere guarda-sigilli e presidente del Consiglio dei ministri, il conte Melzi d'Eril, duca di Lodi.
I partiti che più sopra ho tentato di dipingere, scindevano anche i membri stessi del governo e del senato. Il duca di Lodi, i conti Paradisi, Vaccari e Prina, il conte Veneri, presidente del senato, e molti altri de' principali personaggi erano schiettamente additti all'ordine di cose allora esistente; ma il maggior numero dei senatori entravano a parte delle speranze e dei desidèri dei partiti che tenevano il di mezzo fra gli Austriaci-puri e gl'Italici. Credettero questi di giovare alla patria cospergendo di triboli e d'ostacoli la perigliosa via per la quale il governo franco-italico vacillante incedea. Essi pure preparavano, a propria insaputa, il trionfo dei fautori di Casa d'Austria; ma per quanto avversi fossero al governo esistente, si conduceano però, nel consesso di cui faceano parte, con un po' di quel pratico senno ond'erano dotati, e sopratutto con quello spirito di moderazione che dovea dispiacere a que' violenti ed irragionevoli che componeano per la massima parte le fazioni austriaca, liberale, muratista, ec., poste al di fuori del governo.
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