Or come dovette egli meravigliarsi all'udire che due corpi di soldatesche erano appunto partiti la notte precedente alla vôlta di Sesto Calende, che il nemico, per quanto diceasi, accennava volere sopraprendere! Ma crebbe bentosto il suo stupore dietro la negativa datagli poi subito dal generale Bianchi d'Adda, allora preposto provvisionalmente al ministero della guerra. "Le mie istruzioni", così risposegli, balbettando, quel generale, "non mi concedono di mettere le mie genti alla vostra disposizione; indirizzatevi a tal fine ad un ufficiale superiore, per esempio, al generale Pino". Replicava forte il De Capitani, che il generale Pino, benchè ufficiale superiore, non avea comando in Milano, ned era ministro della guerra, o faciente le veci del ministro, ma si trovava in Milano senza corpo d'esercito e senza ufficio determinato. Non potè ottenere altra risposta, e andossene convinto di non dover fare il menomo fondamento sopra il concorso della forza armata.
Le parole del generale Bianchi d'Adda chiudevano un senso della più alta gravità; poichè esprimevano il fatto che le truppe non erano più sottomesse ai loro capi legittimi e regolari, ma solamente ad uno dei capi della rivoluzione che stava per prorompere.
Che faceva egli allora il generale Pino, questo soldato salito in alto, questo congiurato, già riguardato da' suoi eguali e da' suoi superiori come loro capo, questo generale di secondo grado, che, testimone della caduta dell'imperatore, presumeva di potere assidersi nel seggio di lui?
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