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      Allora il presidente, ben s'avvedendo che a lui sarebbe data la colpa se avveniva una carnificina, scrisse di suo proprio moto e senza consultare alcuno de' suoi confratelli, queste parole sur un pezzo di carta: "Il senato richiama i deputati e convoca i collegi". Ma questa carta, recata subito al popolo, non fu accolta a quel modo che dovea aspettarsi il conte Veneri. Temevasi che, attutato il tumulto, il senato non venisse ad altra deliberazione che avesse per effetto di annullare la prima. Le grida continuarono, e il conte Bossi ricomparve nell'aula significando a' senatori come il popolo non acconsentisse a ritirarsi se non era anzi tutto disciolta la seduta. Fu forza sottomettersi di nuovo, e un altro scritto uscì dalle mani del presidente il quale diceva. "La deputazione è richiamata, i collegi convocati, e la seduta è sciolta".
      Ma dopo che il senato ebbe in tal guisa sottoscritta la sua propria sentenza; dopo che quel corpo, autorevolissimo per le qualità de' suoi membri, e vero consesso nazionale, e conservatore naturale delle pubbliche libertà, fu per così dire scomparso dinanzi all'ira sciocca ed alle false prevenzioni d'una plebaglia demente, questa plebaglia, non che chiamarsi paga, ricusò di ritirarsi. Furono, all'incontro, i senatori violentemente detrusi dai loro seggi; e dovettero, inseguiti (alcuni almeno di loro) dagli schiamazzi e dalle invettive della moltitudine, traversarne lentamente le file, e ritirarsi mesti e confusi nelle loro case. Il popolo poi irruppe nell'aula ond'erano usciti i senatori, e in pochi istanti riempiè tutto quanto il palazzo.


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Studi intorno alla storia della Lombardia negli ultimi trent'anni e delle cagioni del difetto d'energia dei lombardi
di Cristina di Belgioioso
1847 pagine 218

   





Veneri Bossi