Il conte Prina fu strascinato vivo per le vie di Milano per ben quattr'ore, coperto di fango e d'oltraggi, battuto, spinto, punzecchiato dagli spuntoni degli ombrelli. Finchè ebbe voce, non cessò di proferire tratto tratto la sacra parola di misericordia, e finchè ebbe facoltà di muover le membra, sforzossi di tenere giunte le mani. Da taluno che in lui s'abbattè quand'esso avea già perduto e la voce e il moto, mi è stato detto ch'egli era allora sfigurato del tutto, nè dava più altro segno di vita che alcuni soffocati singulti. Cessò di vivere, non già che fosse mortalmente ferito, ma perchè evvi un termine alle corporali torture, e le forze dell'uomo sono limitate. Il suo cadavere fu recato nel palazzo del Broletto, e niuno dei tanti che dalla curiosità, dall'astio, o dall'affetto furono tratti a vederlo, potè ravvisarlo, tanto sfigurato era quel cadavere pei patiti strapazzi. A mala pena serbava aspetto di umana creatura, eppure i chirurghi chiamati a constatarne il decesso, dichiararono, niuna delle ferite ond'egli era coperto essere stata tale da determinarne la morte. Il soverchio dei patimenti e la disperazione l'aveano spento.
Tratto era il dado; tutte le fazioni opposte ai Francesi credeansi averla vinta, ma in realtà gli Austriaci puri erano i soli vincitori. Alla notizia della morte del ministro, le porte dei quartieri delle truppe furono aperte, e le soldatesche si sparsero per la città onde impedire novelli attentati. Urgentissimo era di fatti il bisogno del braccio della forza armata, perciocchè la folla, inebriata da quel primo sangue, proferiva di già altri nomi, e quello fra altri del duca di Lodi, e formava parecchi sinistri disegni.
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