Ignorando il Pino l'obbietto della visita dei suoi colleghi, ei gli aveva accolti col sorriso sulle labbra, e per prevenire in certo qual modo le congratulazioni che si aspettava, erasi mosso incontro ai tre generali con cera d'uomo contento, dicendo: "Ebbene! che avete voi detto laggiù di quanto è qui accaduto? La cosa è stata condotta assai bene; giacchè al postutto, voleavi una vittima: bastò una sola, e l'elezione non fu cattiva". Ma il piglio aggraziato del Pino mutossi bentosto quando il Lecchi ebbegli risposto che il conte Prina era un valent'uomo, onestissimo e ragguardevolissimo, e che non avea meritato per verun modo il funesto destino che lo aveva percosso. Le proposte dei generali di Mantova finirono d'indispettire il Pino. Non dava già egli più retta che con mente distratta alle loro istanze, quando gli venne in mente doversi antivenire l'effetto che siffatti ragionamenti potevano produrre sull'animo degli astanti. Perciò interruppe le parole de' suoi colleghi, esclamando con isdegnosa impazienza: Non parliamo, non parliamo, cari amici, di queste cose; eseguite la convenzione; abbiate piena ed intiera fiducia nelle intenzioni degli Alleati, perocchè essi vogliono, siatene ben certi, l'independenza italiana quanto e più di quello che sia da noi medesimi desiderata. Furono queste le parole dette dal Pino. All'udirle, il generale Palombini s'istizzì; predisse al Pino il disprezzo che concepirebbero di lui gli Austriaci, l'abbandono in cui ognuno lo lascerebbe, lo scapito che ne soffrirebbe la sua riputazione: ma tutto fu indarno.
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