Per mala ventura, uno de' compagni di viaggio di questo impostore fu il Marchal, altro de' complici della congiura militare testè abbandonata; presso il quale l'impostore, ufficioso ed entrante, come sogliono essere gli uomini di tal fatta, s'insinuò ben presto, e venne con lui in tanta intrinsechezza, che non durò stento a conoscerne le opinioni politiche, e i sensi ch'esso nodriva verso il governo austriaco. Giunto a Milano e venuto in casa del Marchal, il visconte parve di repente risoluto ad aprirsi a lui. Gli confessò che il re di Francia Luigi XVIII, il reggente d'Inghilterra, e specialissimamente poi il duca di Angulêmme l'aveano spedito a Milano per iscandagliare le disposizioni della popolazione. Il re Luigi, il reggente d'Inghilterra e il duca suddetto non poteano sopportare in pace che questa bella contrada, stata unita per tanto tempo alla Francia, ne fosse ora staccata, non già per godere della propria independenza, ma per subire un giogo straniero. Angosciati erano i loro cuori da un tale spettacolo, ond'è che avevano concepito il pensiero di infrangere le catene di cui era l'Italia gravata. Ora, l'Italia era essa disposta ad accogliere le generose proposte? Era essa impaziente dell'oppressione austriaca? Era essa parata a far qualche sforzo per conseguire l'intento? ad esporsi a qualche pericolo? a tentare alcuna mossa? Ciò desideravasi conoscere.
Io ho già riferito più tristi esempi della credulità italiana, e se invece di ristrignermi a raccontare i fatti avvenuti dopo il 1814 avessi rivangate le cose accadute fin dal primo ingresso in Lombardia degli eserciti repubblicani, ne avrei riportato un numero assai maggiore.
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