I Lombardi, ch'eransi testè aperto il passo per a traverso l'Europa, e aveano così di fresco spiegata tanta energia, potevano essi vedersi senza stizza trattati come fanciulli da quella nazione che mispregiavano più d'ogni altra, costretti a rimettersi in tutto quanto riguardavali all'arbitraria determinazione del governo, e tacciati poi d'ingratitudine se tentavano di muoversi e di respirare a loro senno? Potevano essi rassegnarsi senza ripugnanza ad uno stato di cose che pienamente annullava la loro esistenza politica?
La repubblica Cisalpina avea avuto a dolersi gravissimamente e dell'imperatore Napoleone e della Francia. Aveangli essi promessa l'independenza e la libertà; e poi, giunta la congiuntura propizia di adempir la promessa, aveanla ridotta alla condizione di uno Stato dipendente. Ma le congiunture in cui l'imperatore e la Francia eransi costantemente trovate, erano certamente estraordinarie. La Francia potea dire all'Italia: "Lasciatemi fare sintanto ch'io abbia preso stabilmente il posto che mi compete in Europa; aiutatemi anzi in questo intento, ed io vi restituirò poi la libertà che ora confisco a mio pro"; e l'Italia potea credere a queste parole: perocchè il regno d'Italia era, in somma costituito per modo da sussistere di per sè, e il fatto della riunione delle due corone francese ed italica sul capo d'un sol uomo, era anzi un accidente che una conseguenza regolare degli statuti organici dello Stato. La cosa fu ben diversa, quanto all'Austria, dal 1815 in poi.
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