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      Il Salvotti, resosi poi celebre pur troppo, faceva in quella giunta l'ufficio di giudice inquisitore, e diè fin d'allora bei saggi della sua perizia. Si può almeno attribuire a lui l'invenzione d'un mezzo singolare posto in opera da uno dei preposti al carcere di Venezia per istrappare di bocca ad un inquisito, per nome Confortinati, la confessione di fatti che, giusta ogni apparenza, non aveano alcuna realtà. Non aveva il Confortinati nè l'animo nè l'aspetto di un congiurato. Era un omicciattolo, gracilino, timido, semplice, di corto ingegno, che non si brigava per nulla delle cose della politica: per modo che non si può imaginare che cosa in lui fosse, che avesse provocati i sospetti del governo. Checchè di ciò ne sia, il giudice inquisitore ardea della brama di trargli di bocca alcuni schiarimenti che l'inquisito non era in grado di dargli. Tentò, ma invano, il Salvotti d'intimorirlo; perocchè havvi una certa semplicità di spirito e di cuore che vieta di prevedere e le grandi catastrofi e gli esiti tragici e straordinari. Secondo gli animi di questa tempra, ogni cosa dee avere l'esito il più semplice e il più naturale. "Sono stato incarcerato senza merito alcuno. Uscirò dal carcere tosto che sarà riconosciuta la mia innocenza, il che non può andare in lungo". Ecco il come ragionava il Confortinati, ed io non so veramente se sarebbe stata in lui maggiore l'angoscia o lo stupore ov'egli fosse stato condannato. Questa poco intelligente intrepidità sconcertava i giudici. Un ufficiale di polizia, per nome Lancetti, si propose di fiaccarla nel modo seguente.


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Studi intorno alla storia della Lombardia negli ultimi trent'anni e delle cagioni del difetto d'energia dei lombardi
di Cristina di Belgioioso
1847 pagine 218

   





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