Era il Pallavicini senza dubbio fermamente risoluto di non compromettere altri che sè medesimo, ma compromise di fatti molti altri. Quando se ne fu addato, tentò di ritrattarsi, cadde in disperazione, e rimase come fuori di senno per lungo tratto di tempo. Sicchè troppo acerbo sarebbe il rimproverargli un momento di debolezza che fu espiato così crudelmente.
Come il Pallavicini, così anche il Castillia si persuase di non avere a compromettere altri che sè medesimo, con isgravarsi dal peso d'una perpetua menzogna. E di fatti io non ho pruova alcuna che le sue confessioni abbian portato danno a veruno. Checchè ne sia, il nome del conte Confalonieri venne proferito dinanzi alla giunta, e la cattura di lui fu posta in discussione. Uno degli amici di lui era tuttora in relazione con un antico ufficiale della polizia al quale avea prestato servizio in altri tempi. Questo ufficiale, ora defunto, scrisse subito a quell'amico per avvertirlo del pericolo che il Confalonieri correa. Sospettato egli pure, e persuaso che la casa del Confalonieri doveva essere invigilata attentamente, quell'amico recossi anzitutto dal consigliere Marliani, la cui figliuola era stretta in amicizia e col Confalonieri e coi principali liberali. Parlò con questa signora del modo di ragguagliare il Confalonieri di quanto riguardavalo, e si stabilì fra loro ch'essa invierebbe da lui il servo fidato di suo padre, persona sicura e devotissima. Il Berchet, appressatosi a quella signora nel mentre ch'essa ragionava con l'amico del Confalonieri, udì le loro parole, e immantinenti si diliberò di scampare in estero Stato, nè pose tempo in mezzo ad eseguire quel proponimento.
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