Se non che l'imperatore commutò poi la pena di morte, riguardo al Confalonieri, in quella del carcere duro in perpetuo; riguardo al Pallavicini, al Castillia e al Borsieri in quella del carcere duro per venti anni; riguardo al Tonelli in quella del carcere duro per dieci anni, e infine riguardo al barone Arese in quella del carcere per tre anni.
Or ecco l'accaduto in Vienna relativamente alla condanna del Confalonieri. Il padre e la moglie di lui, un vecchio cioè ed una donna già affetta dalla crudele infermità che la trasse a morte pochi anni di poi, recaronsi a Vienna per implorare a suo favore la grazia imperiale. Durante il processo contro il marito, la contessa Confalonieri erasi mostrata simile a quelle matrone dell'antica Roma, di cui i poeti, anzichè gli storici, ci hanno tramandata la dignitosa imagine. Giovane ancora e dotata di somma avvenenza, ella si chiuse nel proprio palazzo, ne sbandì i piaceri e la compagnia de' suoi coetanei, s'interdisse persino i meri e semplici sorrisi dell'urbanità, per non più attendere ad altro che alle cose del marito e ai mezzi di salvarlo. Un sì nobile dolore avea toccato persino i cuori dei primari ufficiali austriaci, o almen di quelli che non erano stati corrotti dall'abito dell'ipocrisia. Giunse a Vienna, preceduta da una gran riputazione e munita delle più instanti commendatizie pei membri più autorevoli del gabinetto. Uno dei quali, proponendosi veramente di giovarle, avvertilla come un corriere stesse(14) pronto a partire alla vôlta di Milano onde recarvi l'ordine di giustiziare il conte; ed anzi (ma io non so bene se fosse l'istesso od un altro de' suoi colleghi) le fu in aiuto per trattenere con arte quel corriere, quell'istessa mattina in cui ella e lo suocero dovevano essere ammessi ad udienza dall'imperatore.
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