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      (Bibl. Univ. Vol. 37 an. 1828 pag. 289). Che se nel 1831 quelle esalazioni erano molto luminose durante la notte, e poco quelle del 1783, io ne attribuisco il motivo all'essersi le prime come più sottili, e leggeri rimaste per più lungo tempo negli strati superiori dell'atmosfera, dove venivano illuminate dal sole anche dopo il tramonto; mentre le particelle di quelle altre del 1783 come più pesanti sierano rimescolate cogli strati inferiori per cui più opaca ne rimaneva l'aria, e ne risultavano visibili le particelle stesse come in altro scritto ho dimostrato. Ma ecco senza più il testo di sant'Ambrogio, ossia come comincia la sua orazione recitata in Milano l'anno 395 in morte di Teodosio Imperatore: Hoc nobis motus terrarum graves... et ultra solitum caligo tenebrosior denuntiabat... Cœlum tenebris obductum, aer perpeti horrens caligine, terra quatiebatar motibus. Anche Tito Livio nel lib. IV cap. 21, narra di una pestilenza accompagnata da terremoti in Italia; e nella Nota alla pag. 50 Tom. II dell'edizione di Torino 1825 si aggiunge: Probabile fit, hiatibus soli corruptum aerem contagium sparsisse: quo fere modo pestes Saec. VI, et XIII ab Chr. n. ortae feruntur. Heyn. Opusc. Acad. Tom. III p. 117.
      Omero stesso nel principio del lib. I dell'Iliade sembra che voglia alludere all'apparizione del sole involto nella caligine contemporanea colla peste manifestatasi nel campo greco, cantando classicamente che Apollo resosi invisibile come fosse di notte, cominciò prima a saettare i muli e i cani, e poi gli uomini.


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Del terremoto del Cholera e dell'aria cattiva
di Angelo Bellani
1832 pagine 59

   





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