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      Esso mio zio e la sua Famiglia possono essere testimoni della resistenza colla quale accettava io da Peppe dei favori, che erano poi realmente favori, e che mi pareva allora provassero in Peppe un cuore tutto benfatto ed amico.
      Confesserò poi, che ogni sera, cenando il suo figlio, cenava io ancora con lui, e ciò non mi cagionava ripugnanza giacchè una certa delicatezza di Peppe gli faceva assicurarmi non causargli io alcun aggravio, mentre la cena che gli veniva da casa, poteva benissimo essere e per lui e per me sufficiente, essendo essa in modo abondante, che, non che uno, due potevano comodamente saziarsene. Io dico questo far strada a ciò che mi resta a dire, non per diminuire in Peppe la benignità dell'atto, e quella che mi pareva, e sembrata sarebbe a tutti amorevolezza. Gli donai in quel tempo una borsa da danari.
      Andando in questo modo le cose, io ebbi bisogno di uno scudo che Peppe mi offrì, per riuscire in un progetto, che egli stesso Le potrà dichiarare, tralasciandone io la narrazione non già per ritrosia, ma bensì per solo amore di brevità. Eseguito io il mio progetto, e pagato uno scudo che possedeva ma destinato ad altr'uso di maggior rilievo, Peppe mi assicurò che a casa mi avrebbe poi dato quella somma senza la cui sicurezza non mai mi avrei indotto ad effettuare un passo, che alla fin fine non era della prima necessità. Giungemmo a casa, Peppe poco dopo finse di essere uscito; io lo credetti, ma uditolo poco appresso muovere, benché con qualche precauzione, la maniglia della sua porta, uscii dalla mia, e lo vidi entrare in camera: lo chiamai allora, ma egli ponendo di dentro un ostacolo al saliscende, mi rispose: un momento. Io aspettai fuori tre quarti d'ora e mezzo appoggiato alla porta e leggendo un libro per divagarmi e non perdere la pazienza, ma finalmente fuggitami questa bussai, e bussai dodici volte: mi rispose Ella Signor Gaetano?


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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