Così mi rispose Peppe Bernetti.
Partii allora col pianto agli occhi ed il veleno nel cuore... ma non parliamo più di un caso che ancora mi accende. Venne il tempo, in cui per ragioni di famiglia, Ella e la Sua Signora consorte entrarono in discussione col loro figliuolo, e fu in quell'epoca, che non ricevendo egli più dalle Signorie Loro le medesime tratte di denaro che pria, si trovò in qualche bisogno; ed io cogliendo con gioia una circostanza, in cui poteva agevolmente usargli un tratto di riconoscenza, gli offrii col cuore la metà di sette scudi che in que' giorni un tal Lorenzo Cervia mi aveva pagati, in soddisfazione di alcuni lavori fattigli in materia di contabilità. Esso per verità gli ricusò, e non ne prese che due paoli per pagare ad un chiavaro, o falegname che fosse, una egual somma che gli doveva, ed inoltre altri sei paoli pe' suoi minuti bisogni. Mi promise di restituirmeli, ma poi se ne scordò, o volle scordarsene ed io credei mio dovere non parlargliene più. Gli regalai in que' giorni centoventi vedute di Roma. Un piccolo ordine posto da me nuovamente ne' miei interessi mi presentò l'opportunità di lasciare il soggiorno de' Capuccini, soggiorno che già dal Generale dell'Ordine mi si voleva togliere. Partii ma restai sempre amico di Peppe, presso il quale di tanto in tanto mi conduceva. Giunto poi il giorno in cui Ella condusse seco il medesimo a Bologna, e l'altro giorno in cui ambedue ne ritornarono, mi fu da Peppe partecipato il matrimonio, che erasi fitto in capo di effettuare fra sé e la giovane Carradori della Marca. Fu allora che io divenni segretario di Peppe, mentre ogni ordinario aveva a scrivere una buona somma di lettere, porzione delle quali da lui destinata a coltivare e mantenersi le amicizie contratte nel suo viaggio, e porzione a condurre la macchina nuziale che si era in testa fabbricata.
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