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      Finalmente il giovedì un'improvviso sgorgo di sangue arresta e partenza e progetti. Il sangue cresce; si affaccia una certa tossetta; il venerdì si cammina curvi, col volto giallo e nero; le forze s'indeboliscono; s'incomincia a disperare della salute. Io che vedo tutte queste cose, m'intenerisco, scordo i passati torti, e vado il venerdì notte a fare la nottata al malato, portandogli biscottini ed altro, delle quali cose però ricevei pagamento. Ora senta questa, che è bernesca o bernottesca davvero. Giunto io a' Capuccini mi viene avanti non un uomo, ma una larva, fiacca sparuta, e questa era Peppe, che mi abbraccia, e mi confida dover uscire la notte per condursi ad un abboccamento, che doveva essere l'ultima consolazione della sua vita. Io gliene mostro i pericoli e le difficoltà, ma tutto inutile: il bisogno d'abboccarsi era forte, e perciò invece di cedere, dimandò a me Peppe soccorso. Non sapendo che fare, io glielo promisi, ed ecco come feci. Me ne andai giù dal portinaio Fra Bernardo, che è un buon fraticello, e gli sciorinai la seguente novelletta. Fra Bernardo mio, ho bisogno di un piacere. - Comandi, Signor Giuseppe - (perché io mi chiamo Giuseppe) - Dovendo dimani prima di giorno andare qui vicino in un luogo, così per tollerare meno incomodo resto questa sera a dormire con Peppe, e dimani quando sarà ora verrò giù, vi desterò, e voi, che siete tanto buono, mi farete il favore di aprirmi la porta, affinché possa uscire. Il frate mi rispose di sì, ed io tornai sù. Si cenò, e dopo molte chiacchiere raggirate tutte sopra un soggetto, si andò vestiti a prendere un po' di riposo. Battuta l'ora disegnata per l'abboccamento, ci alzammo. Peppe prese il mio ferraiuolo, io presi il suo, e così travestiti scendemmo le scale, ed all'oscuro all'oscuro io bussai alla porta del povero fraticello, il quale alla voce mia uscito fuori al buio, aprì la porta del Convento, e credendo di far uscire Belli, fece uscire Bernetti.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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