Povere leggi! Quanto male vi conosce chi vi dovrebbe difendere!
Che se mi si obbietterà essersene dimandato il permesso al Presidente, risponderò essersi anche in ciò errato tentandolo ad infrangere quelle leggi, alle quali egli ancora è soggetto.
LETTERA 5.
AL CONTE GIULIO PERTICARI - ROMADi casa, 4 dicembre 1819
Pregiatissimo Sig. ContePoiché non ho avuto la fortuna di trovarla le tre volte che sono stato in Sua casa per riverirla; e d'altra parte ci fugge il tempo, in capo al quale debbono essere coniate le medaglie della nostra Accademia; Le mando una mostra a penna del conio rovescio, che si dovrà lavorare, onde Ella la esamini, e mi faccia sapere, rimandandomela, se così potrà riuscir di suo gusto.
Altro titolo non ci ho posto oltre quello di Presidente dell'Accademia, perché le Leggi nostre lo vietano; siccome Ella può ben vedere là dove esse parlano delle medaglie. Che se nell'anno scorso fu questa legge non osservata, ciò avvenne per non essere stato a tempo al Presidente ricordata.
E mi creda quale godo di essereSuo um.o servitor vero
G. G. Belli
LETTERA 6.
A GIUSEPPE NERONI CANCELLI - PESARODi Roma, 13 gennaio 1820
Amabilissimo il mio risvegliatoNel giorno 8 corrente la vostra graditissima lettera mi trovò in letto, per una feroce colica, da me due giorni prima sofferta; della quale ora sono libero, benché senta gli effetti del sangue cavatomi, de' digiuni, de' purganti, e degli esterni ed interni fomenti. È vera gioia quella, che io provo, udendo che voi abbiate vinto i maligni, che non vi lasciano pace. Né posso intendere come debbano essere nati quegli uomini, i quali non sanno vivere che di cattivi fatti, e di malvaggi pensieri. Ma perché si vede chiaramente, che i più buoni sono i più perseguitati da costoro; pare doversene conchiudere, che il vizio tenti di opprimere la virtù, per questa ragione che non sa sostenere il confronto, e gli acuti rimproveri.
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