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      Vidi a Spoleto Procacci, il quale dice di non avere scritto per la ultimazione di quell'interesse perché vuole scrivere quando già avrà in pronto la sicurtà. Fa ricerche sull'albo accademico, se vi sia un tal Tobia Fioretti, secondo medico di questa città, il quale si spaccia a voce, a penna, e a stampa per accademico Tiberino. Che se vi è, fa rintracciare da chi fu proposto questo regaletto alla nostra Accademia. Questi è un bestione senza corna ma con buon compenso di orecchie. Vedi ancora se sia vero che l'altr'anno spedisse, o facesse leggere, una sua prosa sulla virtù. Io non posso crederlo, giacché in questa si dice che la virtù consiste nel cedere ai moti della natura. Sarebbe dunque virtuoso anche Monsignor Monticelli. Addioil tuo Belli
     
      LETTERA 8.
      A FRANCESCO SPADA - ROMARipatransone, 24 agosto 1820
      Caro Checco
      Io non potei rispondere alla tua carissima ultima da me ricevuta alla Marina di S. Benedetto, perché tornato poco prima da Ascoli aveva varie coserelle da disbrigare. Peraltro pregai la mia Mariuccia, che mandasse ad accusarti il ricevimento di detta tua, e te ne ringraziasse.
      Oggi però voglio farti spendere questi altri sei baiocchetti in premio del n.° 3 di Diario che mi spedisti. Ma insomma l'inclemente Clemente! E l'abate du Chateau? Si è sprofondato in Castello. E l'altra femina di Costanzina. Queste femine femine mi danno un po' da pensare. E se va avanti così il Mondo diventa l'isola di Orontea (mi pare Orontea) e ci vorranno altro che i Guidon selvaggi, gli Astolfi, i Sansonetti, e i Grifon bianchi e gli Aquilanti neri per vincere e ripopolare queste feminee contrade. Se bastasse il Corno di Astolfo alla buon'ora, ma a' tempi nostri quest'arma è più da donna che da uomo.
      Ho gradito la mercuriale de' generi cereali: ed ho riso sugli assi delle ruote di Boncompagni.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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