Oh, vergogna degli uomini fottuta! Lascia che così esclami col Berni. Ci sono in Roma tanti belli esempi da imitare ed imitati dagli stranieri che vi concorrono in folla dal Mondo, e noi facciamo queste sacrileghe coglionerie! Oh vergogna dunque, oh vergogna degli uomini fottuta! Cioè degli uomini romani: anzi delle bestie, giacché si parla de' nostri architetti.
Favoriscimi di mandare a dire a Mariuccia, che alla posta de' franchi troverà una mia assicurata per lei. Che se non ricevesse il solito avviso della direzione, le giovi questa notizia.
Io conto di partire di qui a giorni, e passando per Loreto, Macerata, forse Camerino, Tolentino, Fuligno, andare a Perugia, e poi finire a Spoleto, e Terni, per poi a suo tempo restituirmi in Roma a chi mi desidera e far rabbia a chi me ne vorrebbe lontano. Intenda che parlo di Lei e della sua famigliaccia, che ciononostante mi saluterai affettuosamente abbracciando quelli di casa, che mi parrebbe lecito se lo facessi da me, e non per procura. Né ti scordare la casa Chiodi etc. etc.
E dicendovi qui la buona sera,
Mi raccomando a Vostra Signoria.
Linarco Dirceo P.A.
fra gli Accademici tib.ni G. G. Belli
LETTERA 9.
A GIUSEPPE NERONI CANCELLI - S. BENEDETTO
29 agosto 1820
Caro Amico
Se vi pare, io verrò a darvi l'ultimo abbraccio dimani nel medesimo sito, alla medesima ora, sulla medesima bestia, e col medesimo angiolo custode, dove venni, in cui giunsi, la quale mi portò, e che mi fu scorta la volta passata.
Salutami il Conte, che non conta né contee né contanti.
Ben tornato dunque da Fermo, dove io v'affermo che non istarei fermo tre ore, per esserci stato infermo tre dì.
E vi abbraccio cordialmente.
Il vostro amico G. G. Belli.
P.S. Non vi spaventi quell'ultimo abbraccio. Io intendo ultimo per quest'anno, o viaggio. Vostra sorella vi prega di due limoni.
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