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      Non vorrei, che se un giorno ricado sotto la sua disciplina, si vendicasse a colpi di frusta, e colla tavoletta del somaro. Se il mio caro Dottore si ricorderà della Colonna di Campo Vaccino etc. etc. comprenderà il senso della parola perpetuella. Non si stancarà mai di dire che a suoi tempi non c'era. Sarei cionostante dolentissimo se egli si fosse offeso di questo epiteto, ché in tal caso ritiro subito, e gliene chieggo scusa; perché io voglio stare sempre in pace con lui, verso il quale ho stima ed obbligazioni. Caro quel coccodrillo del pozzo, e care quelle monachelle, che se l'erano creato dentro quella cara testa fasciata da quelle carissime bende! Per un tronco d'albero incomodare de' votapozzi, inquietare un vescovo, disturbare una Città, infastidire Domine Iddio! Le loro fervorose preghiere (facendo astrazione dallo scopo) mi sembrano quelle delle ranocchie pel travicello. Ma i travicelli sono sempre travicelli, e le monache saranno sempre monache. Non so se questo paragrafo converrà coi rigidi principj del caro amico Flavio; ma l'avventura è così bizzarra, che merita bizzarre parole.
      Credo che saremo vicini allo sposalizio del buon vostro compare Niccolino. Uno dei dispiaceri, che mi reca la mia lontananza da Ripatransone, è il non poter vedere questa solennità, la quale deve molto rallegrare lui e la sua famiglia, come la sola circostanza, in cui l'uomo è veramente contento. Quanto godrei nel contemplare la gioia dello sposo, e la timidità della sposa! quale soddisfazione avrei di trovarmi fra i brindisi delle due famiglie, e degli amici concorsi ad accrescere con la loro allegrezza il dolce brio della festa. Forse io non sarei degli ultimi ad alzarmi dal mio posto con un bicchiere in mano, ed elevando gli occhi al cielo, pronunciare colla verità sulle labbra li semplici voti del mio desiderio: Dio, benedici [...] la nostra gioia, e la loro unione; e spargi sopra [...] i tre primi tuoi doni, pace, salute e ricchezza.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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