Se nelle vostre regioni sta, siccome io credo, imperversando il medesimo tempo, comprenderete quanto sensibile a me debba riuscire l'inaspettato di lui cambiamento, allorché vi avrò partecipato essere io tuttora infermiccio per una recente colica, sopraggiuntami negli scorsi giorni, per rovinarmi, e per distruggere in me que' consolanti principi di migliore salute, che nella mia ultima io vi aveva annunciati. Pare ormai chiaro che la mia macchina si sia totalmente conquassata: né possa trovarsi ordigno né artefice, che vagliano a riordinarla. Pure vado raccogliendo le reliquie sparse del mio antico spirito, e con questo debole avanzo di coraggio mi provo ad aiutare il languido moto delle ruote di questo oriuolo logoro e sdruscito, perché sappia esso più lungamente segnare le ore della mia misera vita. Rileggendo quanto ho sin qui scritto, mi pare avere composto una bella e buona tirata da Caloandro, od altro sentimentale romanzo. Ma che volete che faccia? Me la piglio così ariosa e procuro di dare in minchionerie per temperare la bile, che spesso mi va assalendo le viscere, ed amareggiando la bocca.
Dopo il mio ritorno qui in Terni da un certo giro fatto per l'Umbria, trovai una vostra gratissima dell'otto ottobre, una di vostra sorella del 10, ed una del Sig. Cavaliere vostro Padre del 12. A questa ho già dato il debito riscontro; alle altre due rispondo nel corrente ordinario, siccome per la vostra parte voi potete vedere. Unito alle tre surriferite lettere mi fu presentato un piego contenente alcune copie di quel sonetto, di cui vi aveva pregato, ed insieme vari rametti rappresentanti un globo aereostatico. Vi sono pertanto grato del pensiero da voi avuto di profittare di una favorevole occasione, onde potessi io riceverli anche prima che la Sig.ra Teresa fosse stata al caso di farmeli avere.
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