L'amicizia di un mio figlio, e quella al più di un altro compagno che io avessi incontrato per la strada solitaria scelta per mio viaggio all'eternità, potrebbero bastarmi per dire: Ecco una vita che finirà senza rammarico...
LETTERA 114.
A FRANCESCO SPADA - ROMA
D'in sull'Isauro, il giorno de'
SS. Giovanni e Paolo M.M.
[26 giugno 1830]
Caro Checco
Sono molti giorni trascorsi dacché io doveva e voleva rispondere alla tua giunta, venutami nel riscontro del Sig. Biagini, il quale si azzarda a scrivermi su carta intonsa! Questo lusso incivile non ancora dai libri si era esteso ai pistolarii.
Tanto ti dico e basta:
Il resto lo saprai nella catasta.
(Chiari)
Tenerissimo l'epitaffio per la cara defunta! Parmi che già da lungo tempo meditandolo tra me ne facessi lettura. Ti ringrazio ora di questo dolore, che mi è piaciuto di rinnovare. Ma guarda che orecchiaccio egli è il mio! E non mi si è ficcato mo in capo che il volle fare del titolo avrebbe giovato meglio alla malinconia posto prima di Della sorella sua?
È una mia incaponatura (badiamo alla p.); ma questo vuol dire avere una testa. Bell'essere acefalo.
Ho mandato incartati a Torricelli i saluti tuoi e quelli del Sig. Domenico Cianca, pel quale ho pure riverito il conte Cassi. Torricelli poi vi rifà salutati (come Coluccio) entrambi.
E già che siamo sulle spalle del Cianca, calchiamole un'altra volta, e poi basta. Digli così: il gran Padre Destino ha dato un'accettata sulla corda che doveva legare Gazzani e la Ducrò. Quella si è spezzata e questi se ne sono portati un pezzo per uno. Silenzio tanto sulla corda che si fabbricava quanto sul taglio che l'ha troncata. Se ne parlerà a suo tempo.
E voi che diavolo v'impasticciate di nuove, di passione e di gazzette? Faccio quello che mi pare, disse figurino. - De' nostri progetti parleremo meglio a voce: spero presto.
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