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      E se potrai unirci anche un lasciapassare te ne sarò grato. Ci sentiremo però meglio quando avrò parlato col vetturino.
      Intanto ho scritto alla Roberti, ma solamente per prevenirla. La decisione definitiva la prenderò a Roma, perché vorrei almeno arrivare da quella povera gente senza dolori. Se mi ripigliano là, pazienza; ma scendere dal legno per così dire onde mettermi a letto, non mi parrebbe coscienza; e neppure mi azzarderei a un viaggio lunghetto se non mi sentissi in forze e in sanità sufficiente. Oltrediché arrivato a Roma dovrò riformare e mutare faccia al bagaglio per passarlo dal baulle alla valigia, e lasciare tante cose che per la diligenza peserebbero troppo. Dunque il posto non me lo fissare. Questo si fa presto; ed altronde non mi parrebbe prudente l'obligarmi così in anticipazione a un proseguimento di viaggio che per qualunque motivo mi potesse riuscire ineseguibile pel già fissato momento. Non mi dilungo di più, avendo scritto abbastanza, e dovendo presto correre ad impostare perché è tardi. Abbraccia Ciro nostro, e benedicilo. Intanto godo anticipatamente del piacere di rivederlo unitamente a te, che stringo al cuore dicendomiIl tuo Peppetella.
     
      LETTERA 126.
      A GIUSEPPE NERONI CANCELLI - S. BENEDETTODi Morrovalle, 31 luglio 1831
      Mio caro Neroni
      Dove siete? Io son qui, dopo aver passeggiato per molti giorni la provincia di Campagna, troppo bello e sfortunato asilo di ladri.
      Mi tratterrò in questa terra alcun poco di tempo, alieno pel corrente anno da' miei giri nel Nord d'Italia: ché tre mesi di mori-e-non-mori; 14 libbre di sangue accordato generosamente alla punta di una lancetta e alle trombe di 65 mignatte; dodici vescicatoi; un paio di dozzine di purghe, un battaglione di lavemens, Monsieur; un codicillo di senapismi; 50 giorni di sole bevande insustanziose; una penitenza, una eucarestia, e un preludietto di crisma; le son coserelle da non menar tanto per l'allegra due gambe di un povero galantuomo.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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