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      E così è che mi convenne non ha guari scontare sette anni di perfetta e robusta salute, co' quali era io stato dal 24 al 31 premiato di un altro settenario di patimenti sofferti già dal 17 al 24. Laude sempre ne sia alla Provvidenza che si degna assaggiarci nel crogiuolo de' malanni. Basta di me. E voi, mio stracarissimo amico, come state? come ve la passate? Fra le delizie certo di una consolante famiglia, giunta da età e stato di coronare le paterne sollecitudini. So de' vostri due figli che han dato soggetto ad encomii pubblici per la loro eccellenza nella bell'arte che vi ha sempre sedotto. Bravi! Me ne rallegro e con essi e con voi. I Voltattorni? Li saluto tutti e singoli; e qui sta bene un etc.
      Abbraccia Neroni suoG. G. Belli
     
      LETTERA 127.
      A MARIA CONTI BELLI - ROMADi Morrovalle, giovedì 18 agosto 1831
      Mia carissima Mariuccia
      Riscontro due tue lettere dell'11 cioè e del 13. - Circa alla prima ti dico che ho fatto a queste Signore l'ambasciata della coperta: se vorranno ordinarla te ne riparlerò a suo tempo. - Mi dispiacque di darti disturbo intorno al Cholera Morbus, ma ne fui spinto a parlare dallo stretto interesse civico, familiare e personale, che in casi simili non può certamente tacere. La storiella delle Monache de SS. Domenico e Sisto già io la sapeva dalla stessa bocca di Mazzucchelli che la ripete ogni momento: ma malgrado della sicurezza di lui e di tutta Roma in un flagello di questa natura, non è meno vero che ci facciamo illusione miserissima, dapoiché questo morbo desolatore si avvanza sempre a passi di gigante, ed ha già di molto trapassato il Danubio che si sperava potesse esserne una barriera. E lasciamo stare la strage che mena ne' luoghi da noi più remoti: l'11 luglio a Pietroburgo di circa 500 malati non se ne salvarono 15.
      Basta, nella universal cecità che pare sempre destinata ad accompagnare agli occhi umani questa specie di flagelli, l'unico conforto è certo quello di sperare nell'aiuto celeste, benché sarebbe sempre assai meglio sperare nel Cielo e d'aiutarci alacremente, onde i nostri sforzi fossero benedetti di felice successo.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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