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      Ho scoperto mangerie, furti, stocchi, piccoli, grandi, pubblici, privati, e tutti corredati di bellissimi amminicoli. Te ne risparmio le storie. Dove sarà egli mai? nessuno lo sa. L'unico luogo dove non è di certo, benché lì solamente dovrebbe trovarsi, è la galera. Il Piva non è più impiegato alla Dogana di terra: dicono che ho capito male: è a Ripagrande. Andrò là ma [....] Avesse ad essere un altro furbo! [....] Anche per questa lettera, mio caro Torricelli, nulla, o quasi nulla. Ma il male viene dagli spini del fiore che mi hai messo tra mani.
      L'appartamentino Belli pe' mesi di aprile e di maggio! Se verrò non istarò tanto quanto tu dici. Dio ti dia pazienza nel tuo nuovo genere di vita. Saluto tua moglie, abbraccio i tuoi figli e te affettuosamente. Addio.
      Il tuo Belli
     
      LETTERA 135.
      A FRANCESCO MARIA TORRICELLI - FOSSOMBRONEDi Roma, 4 febbraio 1832
      Mio caro Torricelli
      Per dimenticanza di un mio domestico la qui acclusa non andò alla posta nel suo debito corso. La riapro pertanto e qui la inserisco in modo che formisi il volume di una sola lettera.
      Questa mattina ho riveduto Mons. Ginnasi. La vendita ch'egli comprò pel suo pupillo Michele Ajani si fu appuntino la tua di Sc. 4:50 1/2 annui formanti un Capitale di Sc. 90:10, pel quale al Cambio allora corrente sborsò al Tassini Sc. 85:59 1/2. Il Tassini dunque ha rubato per capitale Sc. 85:59 1/2 e per frutti arretrati a tutto il giorno 30 giugno 1829 Sc. 41:29. In tutto Sc. 126:88 1/2.
      Questo Signore è irreperibile. Il Piva, che non pare cattiva persona, dice che dal mese di Dicembre, anzi dalla vigilia di Natale in cui cenò il Tassini con lui non lo ha più veduto senza più sapere dove siasi ficcato, perché ha per certo lui aver cambiato casa. La dimora vecchia era nella via de' Coronari, ma la nuova nessuno la conosce. Forse si è voluto così questo birbante sottrarre alle ricerche dei molti da lui derubati, che sono assai assai, ed ogni giorno ne discopro di più. Ti assicuro, Torricelli mio, che io non perderò di mira lo scoprimento di lui, ma intanto non posso dirti di più. Ma scopertolo poi che ne trarremo?


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
pagine 963

   





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