La mia Camera era trasformata in un arsenale di caraffe, di caraffine, di acque, di olii, di cassie, di cartine, di sciroppi, di spugne, di ghiaccio etc-etc. e ti dico ghiaccio perchè nel giorno 12, vinta appena l'acutezza estrema del male, mi si posero a cacciare in gola ghiaccio e gelati; e così ho durato per 5 giorni dì e notte senza alcuna interruzione. - Adesso mi si curano le ulcere natemi in gola. - Ti assicuro che un assalto simile forse non l'ho avuto mai. Ah! vedo che per questa mia gola è finalmente necessaria una risoluzione per liberarmi per sempre da un tanto flagello. Ricadere ogni momento, ad ogni leggerissima causa: perdere tutto il sangue ogni tantino: conservare di ogni ricaduta il lievito per una nuova: patir tanto: correr rischio di ammalarmi in viaggio e dove Dio sa: spender tanto; e forse alla fine diventare un canchero!... A tutto ciò avere un rimedio facile, non doloroso o pochissimo, breve, senza conseguenze, e non farlo? Già da molto tempo molti valenti professori mi ci hanno consigliato: in oggi poi me ne mostrano la precisa necessità. Io ho due tonzille scirose: ebbene estirparle, e buon anno. In due minuti tutto è fatto. Fra due o tre mesi, tutto bene esaminato, voglio farlo: e tu se ami la mia vita ci acconsentirai. - Ho scritto già troppo. Tutti ti risalutano: ed io ti abbraccio di cuore con Ciro nostro.
Il tuo P.
P.S. Il diligentissimo medico, bolognese, scuolaro di Tommasini, segue sempre a visitarmi con assiduità.
LETTERA 144.
A MARIA CONTI BELLI - ROMADi Fossombrone, 21 giugno 1832
Mia cara Mariuccia
Riscontro la tua 19 corrente che a cagione della solennità del Corpus domini ho ricevuto pochi momenti prima dell'impostare. Dalla mia precedente avrai udito tutto quello che in ristretto concerne la sbiossa da me sofferta. Ora la convalescenza progredisce lentamente ed allorché sarà compiuta io volerò a Roma nelle mie stanze in compagnia di te e di Ciro e degli altri amici veramente fatti pel mio cuore.
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