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      Se ciò non accade, e se la Ode non meritasse di vivere senza quei tagli, ti assicuro, Checco mio, da leale uomo, che rimetto in te il darla in luce o nasconderla come tu crederai più spediente al tuo onore o a quello dell'ottima amica, che tutti piangiamo. Non badare all'orgoglio d'autore: cacciala nel cestino, come fanno i Cardinali e i Ministri di tanti memoriali che han più ragione del mio cencio di ode. Un bacio a tutti gli amici, e altrettanti per te.
      Il tuo Belli
     
      P.S. Ho capito del cerotto del Canonico Pereyra: ne chiederò, e se v'è, lo porterò.
     
      Altro P.S. Ho fatto un sonnetto, cioè un'appennicarella (che non s'avesse a confondere con sonetto, cosa che in Arcadia può accadere facilmente), e mi è tornato in capo quel Vedestù. Vogliamo dire
     
      Non parve a te ne' placidi etc.?
     
      Se a te la va, magari che il sonno mi aiutasse ancora nel transito, nella union, nello spir e nell'echeggiar!; ma una buona dormita mi ci vorrebbe per tanta roba; e allora potrei rispondere alle lodi: bagatelle: gli ho fatti dormendo. E seriamente, a tanti e tanti non verrebbe meglio così che vegliando? Per esempio fra i molti nominiamo a cagion d'onore l'onesto Villetti buon padre di famiglia, e lo specchiatissimo D. Raimondo Pigliacelli più degno di pastorale e di bugia che di una pelliccia canonicale. Va a non dire allora al sonno con Seneca: pars humanae melior vitae!
      Bravo il Missirini! Pungoli al Borghi. Mazzocchi allo Azzocchi.
     
      LETTERA 167.
      A MARIA CONTI BELLI - ROMADi Perugia, martedì 9 luglio 1833
      Eccoti, mia cara Mariuccia, la citazione eseguita contro questo Sig. Bianchi, al quale la mostrai prima della legale presentazione, ed egli se ne mostrò pago dicendo che se non avesse avuto d'uopo del mandato di consegna per sua giustificazione mi avrebbe tosto consegnato il danaro, come farà appena il documento sarà in ordine.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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