È vero che se debbo trovarmi la sera del 5 a Fuligno per la diligenza della notte, non potrei avere la tua lettera; ma in ogni modo sarà bene che me la invii per tutti i casi che in detto giorno non mi facessero ripartire, mentre Ciro non è affatto contento di soli quattro giorni, e questi Signori Fani ne vorrebbero almeno sette. Basta, vedremo. Benedici Ciro che lo desidera tanto.
LETTERA 184.
A MARIA CONTI BELLI - ROMADi Perugia, martedì 4 febbraio 1834
Mia cara Mariuccia
Rispondo alla tua del 1° corrente. - Come ti dissi nella mia dello stesso giorno, io già sapeva l'arrivo a Roma della lettera del nostro Ciro. Sapeva altresì dell'altra lettera di Casa Fani, e me ne hanno qui manifestato il contenuto. Ti ringrazio delle notizie che mi dai dell'Accademia del Venerdì 31, e mi rallegro che tu abbia goduto di una bella serata. Anche io sono qui andato sino ad ora una volta al teatro, e questa volta fu sabato a sera, essendovi stata opera tanto la vigilia che il giorno della Candelora. La esecuzione della Norma mi piacque ben poco. La Taccani (meno l'antipatia) è sul gusto della Tacchinardi. Il tenore cantò come un bagherino, movendosi come un manipolatore di torroni. Il basso e nella voce, e nella figura, e nella mimica, e nel vestiario, pareva un confratello del Suffragio che siasi alzato il cappuccio. Del resto non occorre parlare.
Jeri sera fui al teatrino del Collegio Pio. Le decorazioni e il vestiario sono senza pecca. I convittori declamano come violini scordati. Due soli ragazzetti de' più piccoli mostrano qualche disposizione naturale. Pronunciano tutti alla barbarica, e dicono degli spropositi sistematici, che il Sig. Direttore doveva prevenire. Ciro non recitò jeri sera, ma insieme con altri compagni comparve da soldato nella farsa del pitocchetto, e con essi eseguì delle evoluzioni militari, che furono il più bel pezzo della serata.
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