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      Caro Ferretti
      Tu mi dicesti: scrivimi; ed io ti scrivo. E per non venirti avanti con le mani vuote, ti mando quattro ciarle in versi, se vuoi, per lo Spigolatore. Ho qui letto un serto di sonetti tributati da chiari nomi alla memoria del giovanetto Adolfo Mezzanotte, morto alle speranze della patria e del padre: e ci ho voluto cacciare il naso ancor io. È temerità ma non sarà né la prima né l'ultima de' poetastrelli miei pari. L'ultima parola del tredicesimo verso è un predicato che poco anzi nulla conviene al suo subbietto, ma sì al frutto di esso. Io però ho avuto bisogno di quel traslato, e forse potrà perdonarmi sì in vista de' molti obblighi ai quali mi sono nel sonetto vincolato. Eppoi in poesia si è talvolta trovato di peggio. Questa, per verità, non sarebbe una buona ragione, ma almeno m'illude la coscienza. Come stai? La tua famiglia che fa? Salutamela. Qui fa caldo e freddo a ore; e si va dal mussolo al borgonzone, come del fritto all'arrosto.
      Abbracci: addioIl tuo aff.mo amico
      G. G. Belli
     
      LETTERA 192.
      AL PROF. ANTONIO MEZZANOTTE - PERUGIA[19 maggio 1834]
      Amico carissimoLessi ieri di fiato la Olimpia del vostro povero Adolfo, nonché i funebri versi dell'amicizia, dai quali è l'opera accompagnata. Chiuso il libro, scrissi il Sonetto che vi mando in tardo testimonio della mia ammirazione per un giovinetto il di cui corpo deve aver ceduto all'azione dell'anima.
      Fra i molti peccati che potrete notare nel mio meschino lavoro accuso intanto io medesimo spontaneamente la poca convenienza che lega il suggetto e il predicato messi in fine del 13° verso, dappoiché tra arbore e precoce abbisogna il grado intermedio di frutto.
      Ma poichè a qualche difficoltà mi ha assoggettato il riepilogare con qualità contrarie, e in due versi, le tre proporzioni già sviluppate, spero che l'ardire del translato mi si vorrà da voi perdonare.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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