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      Nulla dimeno su questo come sugli altri spropositi, mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa.
      Dal momento in cui venni da voi giovedì, e vi trovai dormiente, sono tuttora in casa per un reumettaccio preso pel repentino abbassamento della temperatura atmosferica. Io sono un termometro, un barometro e un igrometro. Vedete dunque in me in intiero gabinetto fisico.
      Vi abbraccio di cuore come meritate; e sono il vostro amicoDi casa, 19 maggio 1834.
      G. G. Belli
      [segue il sonetto: "Fiamma, cui l'esca in gradual misura"]
     
      LETTERA 193.
      A MELCHIORRE MISSIRINI - FIRENZEDi Roma, 18 giugno 1834
      Mio carissimo Missirini
      Allorché giunse a Roma la Vostra lettera del 4 maggio, a me indirizzata, io ne era da pochi giorni partito e mi trovava in Perugia, dove a brevissimi intervalli torno sempre a recarmi trattovi dall'amore del mio figlio, che sta ivi educandosi in quel buon Collegio Pio, instituito e diretto dal sommo uomo Don Giuseppe Colizzi, romano di nascita ma di fama italiana. Trovato dunque il caro vostro foglio in mia Casa, avidamente l'ho letto, nuovamente rallegrandomi della vostra amicizia e gentilezza, comunque cose non nuove a me che in tanti anni ne godo e conosco il pregio. Sulle parole di sconforto, colle quali pure mi avete alcun poco amareggiata la piacevole vista de' Vostri caratteri, io non so che dirvi, al buio qual sono del tenore delle disgrazie onde vi dite travagliato. Queste, giammai non mancano alla vita, e meno a quella de' buoni e degli innamorati degli uomini e del loro bene. Di qualunque natura poi elle si siano, molto malagevole riesce il consolare un sapiente, il quale, a malgrado della sua cognizione del Mondo e della trista parte che vi tocca alla virtù, ti dice pure io sono infelice. Ogni genere di conforto tratto dagli aiuti della filosofia egli già lo conosce, e inutile troppo gli verrebbe da altri quando nol trovi efficace nella stessa propria sapienza.


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Le lettere
di Giuseppe Gioachino Belli
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