A rovesciar quella bilancia sozzaOve senno e virtù cedono ai trilli.
E, per dio, cesseranno i tempi indegniChe a disbramar la fame d'una strozza
È poco il censo che distrugge i regni.
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LETTERA 201.
A RAFFAELLO BERTINELLI - ROMAPerugia, 23 settembre 1834
La vostra lettera del 15, perché mancante del mio secondo nome nell'indirizzo ha passato quella sorte alla quale io volli ovviare allorché assunsi quel distintivo che mi individualizzasse tra la folla dei Giuseppe Belli che corrono il Mondo. È capitata nelle mani di un Giuseppe Belli nativo (credo) di Città di Castello, e finalmente l'ho io avuta jeri, aperta per colpa dell'equivoco e non dell'uomo.
Io non sono in collera con alcuno: non posso dunque esserlo con Voi, e tanto meno poi in quanto che io manco di que' meriti che abbiano a far correre un amico a vedermi, almeno allorché sono malato. Vivete dunque tranquillo, e lasciate in pace Esaù e Giacobbe nel Santo seno di Abramo.
La mia salute è sempre vacillante. Ciro prospera e si fa onore.
Dopo domani io lascio questa Città.
Qui ha cantato la celebre Sig.ra Enrichetta Meric Lalande. Un certo Sig. Novecentonovantasei ha pubblicato alcuni versi in di lei onore. Voglio trascriverli perché han fatto romore, e da quando teatro è teatro non si è mai più udito un simile elogio il quale tende ad encomiare la Signora Lalande e le di lei consorelle nella bell'arte del Canto. Vi abbraccio e sonoIl V.° Belli
LETTERA 202.
A CIRO BELLI - PERUGIADi Roma, 15 novembre 1834
Mio caro figlioIeri tornò Domenico e mi portò la tua lettera del 6. In questa lettera tu, Ciro mio, ne hai fatta una delle tue solite. La tua Mammà che tanto ansiosamente aspetta e legge ogni lettera che da te procede, nello scorrere quest'ultima non ci trovò neppure una parola per lei, come se essa non esistesse sulla Terra.
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