Mio caro Ciro
Riscontro la tua del 15 cadente. - Due ore dopo avere impostato la mia precedente incontrai per la strada il Sig. Professor Colizzi arrivato in Roma poche ore prima, e lo trovai nella sua solita buona salute, ciò che mi fece sommo piacere. Dal medesimo, che ho quindi riveduto altre volte, ebbi le buone notizie della tua salute, ed anche sufficienti relazioni intorno ai tuoi portamenti tanto morali quanto scolastici. Le medesime cose mi conferma il vigilantissimo Sig. Rettore, il quale mi riverirai e ringrazierai del gentile riscontro da Lui dato alle mie dimande relativamente a codesto Sig. Tozzi.
Ai primi dunque dell'imminente mese cade nel Collegio il consueto saggio trimestrale. Procura alacremente, Ciro mio caro, di non restare addietro agli altri. Ne' soli difetti vorrei che tu fossi l'ultimo: ne' fatti d'onore godrei udirti sempre il primo. Comprendo benissimo non esser ciò sempre possibile, dappoiché la medesima gara animando anche gli altri, non è più dalla volontà individuale che dipende l'avanzar gli altrui passi, ma sì invece dal vario vigore accordato a cadauno dalla Provvidenza. In questo caso basta che la coscienza non ci rimproveri di non esser giunti a quel punto a cui le nostre forze sarebbero state sufficienti.
Tu avrai senza dubbio udito a spiegare la parabola evangelica del padrone e de' servi. Uno ebbe dal Signor suo cinque talenti, e tanto s'ingegnò che al Signore li rese in capo a un tal tempo, con più altri cinque di lucro. Domine, quinque talenta dedisti mihi, et ecce alia quinque superlucratus sum. Un altro servo al contrario prese i cinque talenti di sua parte, li seppellì, e, ritornato il Signore a chiedergli ragione del suo traffico, glieli restitui non diminuiti ma neppure aumentati.
Credi tu che il padrone si rimanesse pago al non trovarvi diminuzione?
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